Scrivi poesie, anche in dialetto, e vuoi pubblicarle? Il Comune di Gavardo invita i cittadini a consegnarle in biblioteca

GAVARDO - Io non so cosa sia la poesia ma la riconosco quando la sento. AAA poeti gavardesi cercasi. Comune di GAVARDO, ASSESSORATO ALLA CULTURA. L'invito dell'Amministrazione comunale: Scrivi poesie, anche in dialetto, e vuoi pubblicarle? Consegna in biblioteca le tue poesie oppure spediscile all’indirizzo mail biblioteca.civica@comune.gavardo.bs.it entro il 31 dicembre 2016.
Le migliori opere verranno raccolte in un volume e pubblicate entro la prossima primavera dall’assessorato alla Cultura.

Vuoi conoscere la poesia e imparare a scrivere poesie? Partecipa a “La poesia abita la vita” Impreviste conversazioni sulla poesia con Giorgio Scroffi (poeta ed esperto in didattica della poesia). 

Lunedì 7 novembre 2016: “La poesia tra emozione ed esattezza, tra stupore e conoscenza”.

Lunedì 14 novembre: “Il mestiere del poeta: le piccole cose ed il cielo gigante”.

I due incontri sono aperti a tutti e le conversazioni prevedono anche la lettura di poesie. Ad ogni partecipante sarà consegnato materiale didattico e bibliografico.

A conclusione del secondo incontro verrà proposto ed esposto il percorso del laboratorio di scrittura poetica programmato per la primavera.

Ore 20 presso la biblioteca civica “Eugenio Bertuetti”, Piazza Fanti d’Italia 1 - Gavardo Partecipazione libera e gratuita.

«NON DITEMI QUI, NON OCCORRE» A. E. Housman

Non ditemi qui, non occorre,
Quale aria intoni la maga
Tra l’erbe del molle settembre
O sotto i pallidi biancospini,
Poiché lei e io ci frequentammo a lungo
E tutti i suoi modi io conobbi.
Su zolle rosso-brune, presso acque immote,
Il pino lascia cadere i suoi coni;
Il cuculo grida tutto il giorno a nulla
In fogliose vallette tutto solo;
E la gioia del viaggiatore illude nell’autunno
I cuori che hanno perduto la loro.
Per acri e acri d’erbe andate in seme
Ansima la varia brunitura;
O allineati sotto lune settembrine
Stanno la notte intera inunobili i covoni;
O faggi si spoglìano per l’inverno negli uragani
E macchiano di foglie il vento.
Abbiate, come io ebbi per una stagione,
I paesi cui rinuncio,
Dove, lungo le piane ricche d’olmi, la strada
Saliva le colline e biancheggiava,
E la foresta ombrosa, folta di colonne,
Mormorava ed era mia.
Perché la natura, l’ottusa natura senza cuore,
Non chiede né sa
Quali piedi stranieri incontrino il prato
E sconfinino e vadano,
Né chiede tra le stille del mattino
Se essi siano miei o no.

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