Madame & Monsieur. Cultura, eleganza e stile degli anni '60. Con Gabriella Chiarappa ed Eleonora Albrecht

ROMA - Madame & Monsieur. Cultura, eleganza e stile per raccontare gli intramontabili anni ’60. Da un’idea della marketing manager Gabriella Chiarappa in sinergia con la regista e attrice Eleonora Albrecht. Evento ispirato all’omonimo cortometraggio diretto da Eleonora Albrecht. Domenica, 21 dicembre, ore 18,30, Palazzo Falletti, via Panisperna, 207, Roma. Amore, disperazione, instabilità, solitudine: sono i quadri di Vera Macht, astratti, tranne uno, la solitudine, che ha il volto di un clown, quasi a suggerire che solitudine è mancanza di identità. Su uno schermo viene proiettato “I Girasoli” di Vittorio De Sica: la storia di un uomo e di una donna che vivono una costante separatezza coltivando il sentimento di una unione che non avviene se non per brevi momenti.

Al centro della sala, un letto sfatto: lei, in sottoveste,  lui in camicia, seduti , a capo chino, intraprendono una danza, si cercano, si abbracciano, si respingono: “né con te né senza di te”, dicono con il linguaggio del corpo. E’ il dramma insolubile dell’amore che si oppone all’individuazione. Quella che ho appena descritto (originale flash mob interpretato dal gruppo Installazione Teatrale V.D.S. Variation teatro A), è una delle molte sollecitazioni provenienti da una serata particolare a Palazzo Falletti, a Roma, in via Panisperna. Mi aggiro tra la folla degli invitati, sbaglio porta, mi trovo in una specie di maxi-camerino dove escono androidi in forma di Venere da XXI secolo. Creature altissime, anche in virtù di tacchi vertiginosi, con abiti-sculture, con acconciature cuneiformi, regine di lontane galassie,  avanzano silenziose nei corridoi fino al grande salone, prendono posto su appositi cubi e lì spengono definitivamente ogni respiro umano. Di loro restano bucce terrestri  nel camerino, proprio quello dove ho messo inavvertitamente il naso: cumuli di scarponcini, di felpe di borse, di maglioncini dalle taglie quasi infantili, suggeriscono un’ originale versione di  “natura morta”. L’intrusione dietro le quinte dell’”evento” Madame & Monsieur che ancora mi sfugge mi ha permesso di assistere alla metamorfosi di normali ragazze in androidi, appunto, ma il passaggio non è stato indolore: voci imperiose di uomini esperti nel decantare la materia femminile la dicono lunga, in proposito.

Al corteo delle creature astrali se ne aggiunge un’altra, che, tuttavia, non prende posto fra i cubi, si aggira rarefatta, tra una miriade di oggetti da sposa, di profumi e gioielli, e petali di fiori e candele accese: è Eleonora Albrecht, la regista protagonista del cortometraggio che dà il nome all’evento: Madame & Monsieur. Una regina astrale, identica alle altre, ma regista. Entro nella sala-proiezioni. Le luci si spengono: l’immagine di una spiaggia, Monsieur (Andrea Roncato) siede sulle dune, ha un piccolo albo di fotografie in mano; gli si avvicina Madame (Barbara Bouchet), lo guarda affettuosamente, lo invita a fare il bagno, ma lo sguardo di lui è altrove. Monsieur rivede se stesso (Flavio Parenti) e Madame (Eleonora Albrecht) su quella stessa spiaggia, tanto tempo fa (negli anni Sessanta), l’incontro casuale, lo sguardo stupito di lei, il proprio sguardo rapito, le corse, i giochi, i litigi, la proposta di matrimonio, lo sposalizio come una festa marina con abito e velo pieni di vento e di sabbia. L’ultima inquadratura mostra Monsieur (Roncato) solo, Madame (Bouchet) non c’è più, forse non c’era neppure prima, forse Monsieur è sempre stato solo; forse Madame è andata via, indulgente verso i sogni del compagno, avendoli condivisi, non potendoli più abitare. Per tutto il tempo, breve, i dialoghi sono quasi inesistenti, due o tre battute appena: come i danzatori nella sala dei quadri della Macht e del film di De Sica, anche questi personaggi affidano alla mimica, al linguaggio del corpo, i sentimenti, i pensieri, il senso dell’ambiente, dello spazio e del tempo.

Un piccolo gioiello, questo Madame & Monsieur, incantevole per delicatezza, poesia, capacità di sfiorare i sentimenti con una freschezza e autenticità uniche più che rare. La regista dona a sguardi e gesti  la qualità dell’attimo sospeso e li consegna alla dimensione dell’interiorità senza cadute di tono, attenta a schivare magistralmente effetti sentimentali.

Esco dalla sala-proiezioni, presto tutti si raccolgono di nuovo nel grande salone per ascoltare Eleonora Albrecht e gli altri invitati:  ho ancora negli occhi la giovane Madame, nella mente la regista di un piccolo capolavoro e faccio fatica a riconoscere l’una e l’altra nella creatura astrale di cui sopra, che, a differenza delle altre creature immancabilmente ferme sui loro cubi, può parlare: ma la sua parola è accuratamente svuotata di risonanze, di vibrazioni, e la sua magnifica figura compete con l’opera compiuta fino a opporvisi, fino a proporre il primato dell’apparire sull’essere. Del resto, tutta la serata suggerisce un simile contrasto: una fiera delle vanità, tra lustrini, femminilità ridotte a crisalidi, improbabile evocazione degli anni Sessanta  con qualche foto di modelle in foulard sui capelli cotonati, pubblico sul crinale tra l’effimero e il nulla - e poi, inaspettatamente, trovo i quadri di Vera Macht, i danzatori e le loro appassionate, disperate scene da un matrimonio, il cortometraggio Madame & Monsieur.

Uscendo, mi capita lo sguardo su un’opera di un artista contemporaneo, Cristiano De Matteis, una foto elaborata al computer, secondo lo stile dell’artista, quasi a mettere in discussione la realtà oggettiva dello ‘scatto’. “Il bianco e nero (con cui lavora De Matteis) offre la visione del binomio visibile/invisibile;  palese/sotteso. E’ la metafora della condizione umana, sempre in bilico tra ciò che mostra e ciò che per istinto o per scelta nasconde”. Così la nota esplicativa dell’opera. Una buona definizione anche dell’evento Madame & Monsieur, mi sono detta, scivolando oltre il sontuoso portone,  in via Panisperna addobbata a festa e gremita di turisti disorientati, in cerca della Suburra, della Stazione ferroviaria o del vicino Quirinale.

di Pia Di Marco

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